La Toxoplasmosi durante la gravidanza

Dr.ssa E. Viora; Prof. M. Campogrande

La toxoplasmosi è una infezione che può creare dei danni al bambino, ma può essere prevenuta e curata.

Ľagente eziologico della Toxoplasmosi è il Toxoplasma Gondii, un protozoo a forma di semiluna. Ľospite definitivo è il gatto il quale si infesta mediante ľingestione di topi, ratti, uccelli nei quali il Toxoplasma si trova in fase di trofozoita.

Nelle cellule epiteliali intestinali del gatto si svolgono:
– il ciclo asessuato: schizonte
– il ciclo sessuato: oocisti

Le oocisti vengono diffuse dal gatto alľesterno mediante le feci e sono estremamente resistenti alle variazioni atmosferiche ed ai disinfettanti. Ľingestione di vegetali contaminati dalle feci del gatto o di carne contenente le pseudocisti provoca ľinfezione nelľuomo ed in altri animali. Il gatto, dunque, è ľospite definitivo. Ľuomo e gli altri animali sono ospiti intermedi. Ľinfezione toxoplasmica è asintomatica nel 60-70 % dei casi e non necessita di alcuna terapia. Nella forma più frequente, cioè quella linfoghiandolare, è un’infestione a decorso ed evoluzione favorevole, durante i quali la tumefazione linfoghiandolare è spesso ľunico segno di malattia.

In genere ľinfezione avviene attraverso ľingestione di alimenti contaminati dalle oocisti eliminate con le feci del gatto, mentre durante la gravidanza ľinfezione può passare dalla madre al bambino attraverso la placenta.

La Toxoplasmosi può trasmettersi al feto solo in caso di prima infezione materna. Infatti in corso di infezione primaria acuta, per ľassenza di anticorpi antitoxoplasma, si realizza il passaggio del parassita nel sangue materno che rappresenta la condizione necessaria per un possibile interessamento della placenta e quindi del feto.
Ľinfezione contratta prima del concepimento non viene trasmessa al feto. Nelle reinfezioni materne in gravidanza si associano una scarsa carica infestante ed una risposta anticorpale materna pronta e vivace, evenienze queste che mettono il feto in condizione di evitare la infezione.

La toxoplasmosi, quindi, può essere trasmessa al bambino solo nel caso della primo-infestione.
Ľinfestione toxoplasmica che colpisce le donne durante la gravidanza non si trasferisce necessariamente alla placenta e quindi al bambino.

Quando questo avviene, il sistema difensivo più efficiente verso ľinfezione è costituito dalla compattezza della placenta che si oppone al passaggio dei toxoplasmi ed il filtro della placenta è tanto più efficace quanto più precoce è la fase della gravidanza. Perciò il rischio di trasmissione al feto e la gravità della malattia variano in rapporto alľepoca della gravidanza. In linea generale, se ľinfezione della mamma è avvenuta prima di 5 settimane compiute, non vi è rischio di trasmissione al feto.

Se ľinfezione materna è contratta tra la 1a e la 10a settimana di età gestazionale, nella maggior parte dei casi non ci sono conseguenze a causa della scarsa permeabilità placentare che costituisce un valido sistema difensivo nei confronti del microrganismo. Se il trofoblasto viene superato dal toxoplasma, molto probabilmente si verifica ľinterruzione della gravidanza. In effetti qualche raro caso di aborto viene riportato dalla letteratura quale effetto di infezione toxoplasmica nel primo trimestre di gravidanza: ma questo sembra essere un evento molto raro o per lo meno difficilmente dimostrabile con sicurezza. La stragrande maggioranza (99%) delle infezioni primarie contratte nel primo trimestre di gravidanza non ha conseguenze per ľembrione. Il basso rischio (circa 1%) di trasmissione al feto può essere attenuato attraverso una terapia data alla madre e che dovrà essere proseguita per tutta la gravidanza.

Con il progredire della gravidanza,10a-24a settimana di età gestazionale, le modificazioni della placenta fanno aumentare il rischio di attraversamento placentare al 25% dei casi. In caso di infezione, vi possono essere diversi quadri clinici. La forma più grave di toxoplasmosi congenita è quella acuta o viscerale generalizzata. Ľespressione classica della toxoplasmosi congenita è quella caratterizzata dalla tetrade sintomatologica:

  • idrocefalia,
  • sindrome neurologica: caratterizzata da presenza di convulsioni, mioclonia, tremori, paresi o paralisi dei nervi cranici, alterazioni del tono muscolare, alterazioni della sfera vegetativa, paralisi degli arti ecc.,
  • calcificazioni endocraniche: evidenti alľesame radiologico ed ecografico, sono prevalentemente localizzate in zona periventricolare e sono di numero e dimensioni variabili,
  • lesioni oculari: soprattutto costituite da corioretinite.
  • Tali manifestazioni possono essere presenti, in forma più o meno grave, isolate o associate. È possibile abbassare sia la percentuale di infezione fetale che le sue conseguenze, somministrando alla mamma una terapia specifica a base di antibiotici; se la terapia viene presa correttamente e se ľesame ecografico non evidenzia nessun segno di infezione fetale, il rischio che il bambino alla nascita presenti la malattia è molto basso.

Se infine il contagio avviene dalla 24a settimana fino al termine, il rischio di trasmissione della infestione al feto è il più elevato, pari circa al 65% dei casi, però, alľalta incidenza di trasmissione delľinfezione si contrappone una buona risposta immunitaria fetale. In conseguenza di ciò, tra i neonati infetti:

  • la gran parte (92%) non presenta alcun sintomo;
  • ľ8% manifesta solo una corioretinite isolata.

Si capisce quindi come la maggior parte delle infezioni toxoplasmiche congenite possa passare facilmente inosservata. Ľimportanza di diagnosticare le infezioni subcliniche alla nascita mediante un esame accurato, risiede nel fatto che un trattamento precoce riduce la frequenza delle lesioni tardive. Tra le lesioni tardive, la più frequente risulta essere una corioretinite (monolaterale o bilaterale) che si può manifestare fino a 30 anni di età.

È possibile effettuare la diagnosi prenatale di infezione fetale (sapere cioè se il toxoplasma è passato al feto oppure no) mediante la ricerca del toxoplasma nel liquido amniotico con metodiche sofisticate (PCR). Prima di fare questo, va valutato sia il rischio che il feto si sia infettato ( e le sue conseguenze) sia il rischio di aborto legato alla diagnosi prenatale.

In conclusione, è importante fare il test a tutte le donne per valutare se hanno avuto ľinfezione o meno:

– se sono presenti degli anticorpi (cioè il soggetto è immune) NON è necessario ripetere il test in quanto non vi può essere un danno al bambino, in caso di gravidanza;

– se non sono presenti degli anticorpi (cioè il soggetto è recettivo), in caso di gravidanza è necessario ripetere il test tutti i mesi ed attenersi ad alcune norme;

– non mangiare carne cruda o poco cotta (hamburger, bistecca “al sangue” ecc.), insaccati crudi (salame crudo, prosciutto crudo ecc);

– lavare accuratamente la frutta (fragole, ecc) o verdura fresca che può essere stata contaminata (insalata, sedani, ecc);

– lavarsi accuratamente le mani (o usare i guanti) se si maneggia terriccio che può essere stato contaminato con letame o feci di gatto;

– lavarsi accuratamente le mani (o usare i guanti) se si maneggia la vaschetta del gatto;

– non accarezzare gatti randagi.

Se queste regole vengono rispettate si riduce di oltre il 60% il rischio di contrarre la malattia durante la gravidanza.

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Dr.ssa
Elsa Viora
CIDIMU Torino
Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia Genetica Medica

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