Dr.ssa E. Viora
Con il termine “difetto congenito” si intende un’anomalia fisica che un bambino presenta alla nascita.
La maggior parte dei neonati (97%) non ha difetti congeniti.
Nel caso il neonato risulti affetto da un difetto congenito, alcune anomalie possono essere state ereditate dai genitori, altre sono la conseguenza di infezioni o di esposizione a sostanze nocive nel corso della gravidanza, ma per la gran parte non ne è conosciuta la causa e la maggior parte dei bambini con difetti congeniti nasce da coppie in cui non vi è nessun fattore di rischio conosciuto. Vi sono degli esami (test di screening) che permettono di dare alcune informazioni alle donne gravide circa il rischio di avere un bambino con certe anomalie (come la sindrome di Down o la spina bifida) e di consigliare quindi un test diagnostico (prelievo di villi coriali oppure l’amniocentesi) solo alle donne con un rischio più elevato.
Molto spesso vi è confusione, anche fra i medici, sulla differenza fra test di screening e procedure di diagnosi prenatale. I termini “screening” e “diagnosi” definiscono esami che hanno finalità diverse.
I test di screening consentono di selezionare, nella popolazione generale, un ristretto gruppo di donne a rischio maggiore di avere un feto affetto (malato) a cui riservare ľofferta dei test diagnostici.
I test diagnostici sono quelli che permettono di formulare una diagnosi, quindi di sapere se il feto è sano o malato.
Se facciamo riferimento alle donne in gravidanza, è possibile effettuare uno “screening” di molte patologie fetali. La donna, informata sul suo rischio, può decidere se eseguire o meno i test di screening e quindi, se il rischio risulta elevato, effettuare ulteriori accertamenti (“diagnosi”) che permettano di valutare se effettivamente il feto è affetto oppure no dalla patologia per cui è emerso un rischio superiore alľatteso.
Se prendiamo come esempio le anomalie cromosomiche, in specifico la trisomia 21, i test di screening proposti ed utilizzati sono stati diversi di cui il primo è stata ľetà materna a cui si sono aggiunti test biochimici sul siero materno e/o parametri fetali valutati mediante ľesame ecografico (translucenza nucale, test combinato, test integrato, tri-test).
Tutti quanti hanno come obiettivo quello di identificare alľinterno delľintera popolazione di donne in gravidanza, il gruppo che ha un rischio maggiore di avere un feto affetto da patologia cromosomica, in specifico della trisomia 21 o sindrome di Down.
Un test di screening non è “giusto” o sbagliato”: la sua finalità NON è di dire se il feto è sano o malato, ma solo di esprimere un rischio personalizzato, cioè il rischio che quel feto ha di essere sano o malato. Sulla base di quel rischio ogni donna/coppia può scegliere se effettuare o meno un test diagnostico.
La diagnosi in epoca prenatale può essere formulata mediante lo studio del cariotipo da cellule fetali ottenute da diversi tessuti a seconda della procedura utilizzata:
• il prelievo dei villi coriali (tessuto coriale)
• ľamniocentesi (liquido amniotico),
• la funicolocentesi o cordocentesi (sangue fetale).
Sulle cellule fetali prelevate è possibile studiare i cromosomi e dire se sono in numero corretto oppure no. Trattandosi di procedure di diagnosi prenatale invasiva (DPI) che sono gravate da un rischio di aborto (circa 1% in più rispetto alla popolazione che non si è sottoposta a DPI), sono offerte alle donne che presentano un rischio superiore alla popolazione generale oppure che, opportunamente informate, lo richiedano.
Deve essere chiaro che ľunico modo per effettuare la diagnosi è lo studio del cariotipo fetale.
È opportuno che tutte le donne in gravidanza siano informate della differenza tra un test di screening e un test diagnostico.
A tutte le donne, indipendentemente dalľetà, dovrebbe essere offerta la possibilità di considerare i vantaggi e gli svantaggi delľuno e delľaltro ed ogni donna deve poter scegliere, in base alle proprie convinzioni etiche e religiose ed alla propria storia familiare/personale quale sia il percorso più adeguato per sé.
È, infatti, fondamentale non dimenticare che lo screening e la diagnosi prenatale devono essere offerti come opzione a tutte le donne in gravidanza, ma che il sottoporsi o meno a tali esami deve, ovviamente, essere una scelta della donna/coppia.
È quindi opportuno che la donna, che chiede di essere seguita in gravidanza trovi operatori sanitari capaci di fornire, già al primo colloquio, ľinformazione sulľesistenza di un percorso di screening e di diagnosi, a cui tutti possono accedere poiché nessun concepimento è immune dal rischio di un’anomalia cromosomica o di una malformazione. Quanto più è precoce la consapevolezza delľesistenza del rischio, tanto più è matura la scelta tra ľingresso nel percorso di screening/diagnosi prenatale oppure ľaccettazione degli eventi senza interventi sanitari.