La premessa è che nelľambito delľincontinenza urinaria, intesa come incontinenza urinaria a 360°, quindi ľincontinenza della donna, delľuomo, del bambino, delľanziano, del paziente neurologico, certamente non mancano le evidenze scientifiche e le conseguenti raccomandazioni derivate dal consenso internazionale. Persistono tuttavia alcuni campi per i quali non c’è ancora chiarezza, mancano ancora sufficienti evidenze sulle quali costruire delle linee guida e quindi delle raccomandazioni.
É questo il caso del prolasso vaginale anteriore (cistocele) per il quale non esistono raccomandazioni in merito alle valutazioni diagnostiche che ci consentano di esprimere un giudizio predittivo sulla comparsa di una incontinenza de novo dopo correzione chirurgica del prolasso stesso, così come non esistono raccomandazioni sulle procedure più appropriate e quindi sulle tecnica da utilizzare per la prevenzione delľincontinenza urinaria nel caso di una chirurgia per prolasso.
Esistono delle raccomandazioni anche se di grado non elevato sul fatto che la chirurgia eseguita per incontinenza urinaria dovrebbe sempre essere associata alla correzione del prolasso quando questo è presente ed è sintomatico. E tuttavia vale la pena di chiarire che per prolasso sintomatico dobbiamo intendere quella fastidiosa sensazione di massa occupante spazio che la paziente avverte nel corso delle sue attività giornaliere e di sintomi minzionali legati alla difficoltà di svuotamento vescicale (sensazione di svuotamento incompleto, necessità di ridurre manualmente il prolasso per poter urinare).
Non è sintomatico quel prolasso quando i sintomi sono rappresentati da bruciore alla minzione, aumento della frequenza minzionale, urgenza minzionale, a meno che non venga dimostrato un importante residuo postminzionale che deve comunque essere indagato prima di poterlo etichettare come secondario al prolasso.
Ma anche nel caso del prolasso sintomatico le evidenze non ci dicono quali siano le tecniche migliori da utilizzare. Sembrerebbe che ľassociazione di chirurgia del prolasso e applicazione di sling sottouretrale (TVT) offra i risultati migliori, ma in alcune pubblicazioni si sostiene che ľassociazione dei due interventi rende meno favorevoli i risultati sulla cura delľincontinenza.
Dunque non esiste chiarezza. E come spesso succede quando in un determinato settore della medicina non c’è una sufficiente chiarezza, esiste anche una certa confusione a livello terminologico che non fa che aumentare la confusione anche a livello concettuale.
Persino in questi anni dove si tende a porre la massima attenzione alla standardizzazione terminologica, termini come incontinenza occulta, silente, latente, mascherata, potenziale, vengono utilizzati indifferentemente, come se fossero tutti sinonimi e dei quali comunque nessuno sembra in grado di dare una precisa definizione.
A mio parere, la definizione che immediatamente definisce la condizione (pur con termini linguisticamente discutibili) è quella di prolasso asciutto e prolasso bagnato, dove per prolasso bagnato dobbiamo evidentemente intendere quella condizione in cui esiste una alterazione della statica pelvica sintomatica associata ad incontinenza. Questa situazione non pone problemi di prevenzione, ma se mai di terapie associate, valutando attentamente sia le tecniche scelte che soprattutto la tempistica.
Per prolasso asciutto invece dobbiamo intendere quella condizione in cui esiste un’alterazione della statica pelvica sintomatica e non è presente incontinenza urinaria.
Nei casi più fortunati approfondendo la storia clinica di queste pazienti potremo evidenziare una incontinenza pregressa, scomparsa poi negli ultimi tempi (ovviamente per la comparsa o il peggioramento del prolasso). Di fronte ad un prolasso asciutto, così definito, possiamo trovare tre situazioni:
– quando è presente un prolasso punto e basta e non esiste una condizione di incontinenza urinaria né patente né latente;
– quando esiste un prolasso ed una incontinenza urinaria mascherata (occulta o latente);
– quando esiste un prolasso associato ad una incontinenza urinaria potenziale.
Per incontinenza mascherata intendiamo un’incontinenza presente ma mascherata dal prolasso. Questo tipo di incontinenza nei vari lavori scientifici sarebbe presente nel 50% dei casi.
In questa situazione nel corso di una attenta valutazione clinica e fisica è possibile, andando a correggere strumentalmente il prolasso senza ovviamente creare una compressione sulľuretra, evidenziare ľincontinenza con il colpo di tosse o con la manovra di Valsalva.
Per incontinenza potenziale invece intendiamo una condizione di incontinenza né patente né latente ma in cui la valutazione urodinamica, che a nostro avviso andrebbe sempre eseguita, rileva delle condizioni esprimenti un aumentato rischio di incontinenza a prolasso corretto: una bassa chiusura di pressione uretrale, inferiore ai 30 cm ďacqua, un’uretra corta, eventualmente associata ad un quadro ecografico o radiologico di evidente incompetenza cervicale con un collo vescicale aperto anche a riposo, o quando esiste una iperattività vescicale di notevole entità.
Cosa fare in questi casi?
Nel prolasso asciutto, cioè senza incontinenza mascherata o potenziale, a mio avviso non deve essere assolutamente presa in considerazione una chirurgia preventiva per ľincontinenza. Anche se questa affermazione può sembrare ovvia e scontata, così scontata e ovvia non è perché spesso ancora oggi anche nei confronti di un prolasso asciutto vengono messe in atto delle procedure chirurgiche al fine di prevenire una patologia che non c’è, aumentando cosi di molto il rischio di complicanze.
Quando ci troviamo di fronte ad un prolasso asciutto con incontinenza mascherata, la mia opinione è che occorre discutere a fondo con la paziente per decidere assieme la strategia terapeutica, facendole presente che la chirurgia associata presenta qualche rischio in più, che la sola chirurgia del prolasso può risolvere anche se in una percentuale ridotta di casi ďincontinenza e che se questa dovesse comparire si potrà ricorrere ad una seconda chirurgia.
Nel caso infine di un prolasso associato ad una incontinenza potenziale, a mio avviso non esiste un’indicazione ad un intervento preventivo. Occorrerà anche in questo caso avvertire la paziente di questo dato urodinamico e di un potenziale rischio di incontinenza da trattarsi eventualmente in un secondo intervento.
É questo il caso del prolasso vaginale anteriore (cistocele) per il quale non esistono raccomandazioni in merito alle valutazioni diagnostiche che ci consentano di esprimere un giudizio predittivo sulla comparsa di una incontinenza de novo dopo correzione chirurgica del prolasso stesso, così come non esistono raccomandazioni sulle procedure più appropriate e quindi sulle tecnica da utilizzare per la prevenzione delľincontinenza urinaria nel caso di una chirurgia per prolasso.
Esistono delle raccomandazioni anche se di grado non elevato sul fatto che la chirurgia eseguita per incontinenza urinaria dovrebbe sempre essere associata alla correzione del prolasso quando questo è presente ed è sintomatico. E tuttavia vale la pena di chiarire che per prolasso sintomatico dobbiamo intendere quella fastidiosa sensazione di massa occupante spazio che la paziente avverte nel corso delle sue attività giornaliere e di sintomi minzionali legati alla difficoltà di svuotamento vescicale (sensazione di svuotamento incompleto, necessità di ridurre manualmente il prolasso per poter urinare).
Non è sintomatico quel prolasso quando i sintomi sono rappresentati da bruciore alla minzione, aumento della frequenza minzionale, urgenza minzionale, a meno che non venga dimostrato un importante residuo postminzionale che deve comunque essere indagato prima di poterlo etichettare come secondario al prolasso.
Ma anche nel caso del prolasso sintomatico le evidenze non ci dicono quali siano le tecniche migliori da utilizzare. Sembrerebbe che ľassociazione di chirurgia del prolasso e applicazione di sling sottouretrale (TVT) offra i risultati migliori, ma in alcune pubblicazioni si sostiene che ľassociazione dei due interventi rende meno favorevoli i risultati sulla cura delľincontinenza.
Dunque non esiste chiarezza. E come spesso succede quando in un determinato settore della medicina non c’è una sufficiente chiarezza, esiste anche una certa confusione a livello terminologico che non fa che aumentare la confusione anche a livello concettuale.
Persino in questi anni dove si tende a porre la massima attenzione alla standardizzazione terminologica, termini come incontinenza occulta, silente, latente, mascherata, potenziale, vengono utilizzati indifferentemente, come se fossero tutti sinonimi e dei quali comunque nessuno sembra in grado di dare una precisa definizione.
A mio parere, la definizione che immediatamente definisce la condizione (pur con termini linguisticamente discutibili) è quella di prolasso asciutto e prolasso bagnato, dove per prolasso bagnato dobbiamo evidentemente intendere quella condizione in cui esiste una alterazione della statica pelvica sintomatica associata ad incontinenza. Questa situazione non pone problemi di prevenzione, ma se mai di terapie associate, valutando attentamente sia le tecniche scelte che soprattutto la tempistica.
Per prolasso asciutto invece dobbiamo intendere quella condizione in cui esiste un’alterazione della statica pelvica sintomatica e non è presente incontinenza urinaria.
Nei casi più fortunati approfondendo la storia clinica di queste pazienti potremo evidenziare una incontinenza pregressa, scomparsa poi negli ultimi tempi (ovviamente per la comparsa o il peggioramento del prolasso). Di fronte ad un prolasso asciutto, così definito, possiamo trovare tre situazioni:
– quando è presente un prolasso punto e basta e non esiste una condizione di incontinenza urinaria né patente né latente;
– quando esiste un prolasso ed una incontinenza urinaria mascherata (occulta o latente);
– quando esiste un prolasso associato ad una incontinenza urinaria potenziale.
Per incontinenza mascherata intendiamo un’incontinenza presente ma mascherata dal prolasso. Questo tipo di incontinenza nei vari lavori scientifici sarebbe presente nel 50% dei casi.
In questa situazione nel corso di una attenta valutazione clinica e fisica è possibile, andando a correggere strumentalmente il prolasso senza ovviamente creare una compressione sulľuretra, evidenziare ľincontinenza con il colpo di tosse o con la manovra di Valsalva.
Per incontinenza potenziale invece intendiamo una condizione di incontinenza né patente né latente ma in cui la valutazione urodinamica, che a nostro avviso andrebbe sempre eseguita, rileva delle condizioni esprimenti un aumentato rischio di incontinenza a prolasso corretto: una bassa chiusura di pressione uretrale, inferiore ai 30 cm ďacqua, un’uretra corta, eventualmente associata ad un quadro ecografico o radiologico di evidente incompetenza cervicale con un collo vescicale aperto anche a riposo, o quando esiste una iperattività vescicale di notevole entità.
Cosa fare in questi casi?
Nel prolasso asciutto, cioè senza incontinenza mascherata o potenziale, a mio avviso non deve essere assolutamente presa in considerazione una chirurgia preventiva per ľincontinenza. Anche se questa affermazione può sembrare ovvia e scontata, così scontata e ovvia non è perché spesso ancora oggi anche nei confronti di un prolasso asciutto vengono messe in atto delle procedure chirurgiche al fine di prevenire una patologia che non c’è, aumentando cosi di molto il rischio di complicanze.
Quando ci troviamo di fronte ad un prolasso asciutto con incontinenza mascherata, la mia opinione è che occorre discutere a fondo con la paziente per decidere assieme la strategia terapeutica, facendole presente che la chirurgia associata presenta qualche rischio in più, che la sola chirurgia del prolasso può risolvere anche se in una percentuale ridotta di casi ďincontinenza e che se questa dovesse comparire si potrà ricorrere ad una seconda chirurgia.
Nel caso infine di un prolasso associato ad una incontinenza potenziale, a mio avviso non esiste un’indicazione ad un intervento preventivo. Occorrerà anche in questo caso avvertire la paziente di questo dato urodinamico e di un potenziale rischio di incontinenza da trattarsi eventualmente in un secondo intervento.