Un problema non da poco, in quanto attualmente ľinsufficienza cardiaca sta imponendosi come una delle maggiori cause di malattie cardiovascolari.
Dr. Renato Rittatore
Il lettore attento e motivato ricorderà che questa situazione clinica è già stata più volte menzionata in precedenti articoli (consultare articoli precedenti: Cuore Grosso, Melusina) , in cui venivano esaminati i meccanismi molecolari e strutturali che il cuore metteva in atto per opporsi a disparati eventi lesivi, che però in ultima analisi si traducevano in sovraccarichi cronici di pressione e volume. Si era anche rilevato che questi meccanismi, favorevoli in periodi di tempo medio brevi, finivano per diventare, nei lunghi periodi, un fattore aggravante il decorso della malattia fino a determinarne la fase finale caratterizzata dal fallimento di tutte le misure terapeutiche.
Non si tratta di un problema da poco, in quanto attualmente ľinsufficienza cardiaca sta imponendosi come una delle maggiori cause di malattie cardiovascolari (tra ľaltro è ľunica di queste la cui prevalenza è in aumento negli ultimi anni), con conseguente pesantissimo impatto sui conti della sanità pubblica. Complice anche ľaumento della vita media, la grossa quota di soggetti ipertesi e ischemici nella popolazione e non ultima la maggior sopravvivenza alla fase acuta delle malattie cardiovascolari: si pensi in particolare alle sindromi coronariche acute (SCA), che includono ľinfarto miocardio acuto e ľangina instabile, si calcola che entro sette anni la prevalenza di tale malattia potrà aumentare di due o tre volte.
Mi sembra pertanto giunto il momento di analizzare più con criteri clinici che molecolari o morfologici come fatto finora, la successione degli eventi che si verificano in questa situazione. Prenderemo in considerazione soprattutto il ventricolo sinistro del cuore, sia perché risulta di gran lunga il più implicato, sia perché la sua failure finisce per coinvolgere inevitabilmente anche il destro. Confesso però che a questo punto mi sento alquanto in difficoltà nelľaffrontare in poche righe un argomento così complesso, anche se a modo suo affascinante. Vorrei davvero possedere quelle qualità– la leggerezza, la rapidità, non disgiunte però dalľesattezza– che Italo Calvino aveva mirabilmente tratteggiate nel suo ultimo manoscritto pubblicato postumo con il titolo di “Lezioni Americane”, come valori letterari meritevoli da essere conservati nel nuovo millennio. Prendendo a prestito dalľAutore ľallegoria di Perseo che tramite i calzari alati e sostenendosi sulle nuvole attraverso il vento si libra su un mondo pietrificato dal terribile volto della Gorgone, che peraltro riuscirà a decapitare evitandone lo sguardo tramite l’immagine riflessa sullo scudo di bronzo, vorrei anch’io sollevarmi sulla pesantezza delľargomento e volare alle conclusioni. Non possedendo però queste doti, anche perché non posso certo considerami uno scrittore (tuttalpiù un divulgatore), chiudo in tutta fretta questa parentesi mitologica-letteraria, ripromettendomi almeno di essere il più sintetico possibile.
Se paragoniamo il ventricolo sinistro del cuore a una pompa che attraverso i vasi sanguigni ha il compito di fornire il sangue ai vari apparati, ci risulta più semplice comprendere le problematiche che intervengo in caso di un suo insufficiente funzionamento.
Disponendo di una minor portata cardiaca (cioè della quantità di sangue che il cuore riesce ad assicurare al minuto in periferia) l’organismo si adatta privilegiando nella distribuzione del flusso gli organi più importanti, vale a dire il cervello e lo stesso cuore, a scapito di altri distretti, cute e muscoli in primis, ma anche intestino e rene. La diminuita perfusione renale attiva a sua volta dei meccanismi ormonali finalizzati a mantenere tramite un aumento della frequenza cardiaca e una ritenzione di acqua e sale un adeguato volume plasmatico. Ecco pertanto manifestarsi i sintomi d’esordio dell’insufficienza ventricolare sinistra: riduzione della tolleranza allo sforzo, astenia, pallore cutaneo con estremità fredde dovuto alla vasocostrizione periferica, tachicardia. Ben presto si manifesta la dispnea (sensazione di mancanza di respiro), dapprima per sforzi modesti, in seguito anche a riposo. Non manca mai a questo punto l’ortopnea, cioè quella dispnea che compare quando il soggetto assume la posizione supina, salvo migliorare quasi subito riprendendo la posizione assisa. La causa è rappresentata dall’aumentato ritorno di liquidi al cuore che tale posizione comporta e al riassorbimento degli edemi periferici formatisi durante la giornata.
Anche la dispnea parossistica che interviene durante la notte (il paziente si sveglia con una fame di aria) riconosce moventi analoghi, cui si aggiunge anche una maggior sensibilità dei centri del respiro. Nei casi più gravi si arriva all’edema polmonare acuto, cioè all’accumulo di fluidi dapprima negli spazi interstiziali polmonari e in seguito negli alveoli stessi, condizione questa che rappresenta sempre un’urgenza/emergenza medica. La causa è un aumento improvviso della pressione a monte delle camere cardiache sinistre in difficoltà, che tramite le vene polmonari si trasmette al letto capillare dei polmoni, sovvertendo l’equilibrio idrostatico presente. Si è già detto che molto spesso lo scompenso ventricolare sinistro comporta anche il coinvolgimento del ventricolo destro. In tal caso possono diventare preminenti i segni e i sintomi dovuti a questa situazione emodinamica.
In rapida sintesi:
• congestione delle vene giugulari, visibili sul collo
• fegato da stasi: aumentato di volume e dolente a causa della congestione susseguente all’incapacità del ventricolo destro di eliminare adeguatamente i liquidi, con conseguente loro accumulo a livello epatico; nei casi più gravi si evidenzia all’autopsia il quadro macroscopico di fegato “ a noce moscata” rene: ritenzione idrosalina per la diminuita filtrazione glomerulare, con conseguente riduzione della diuresi, aumento dell’azotemia e comparsa di proteine nelle urine
• accumulo di liquidi extracellulari, prevalente nelle zone corporee declivi (caviglie e gambe in soggetti che mantengono comunque l’ortostatismo, o regione sacro lombare in soggetti allettati), o addirittura raccolte in cavità quali pleura, peritoneo, pericardio
• cervello: cefalea, insonnia, cambiamenti dell’umore, dovuti alla ridotta perfusione cerebrale
• stomaco e intestino: ridotto assorbimento di alimenti e farmaci a causa dell’edema della mucosa; nei casi terminali si arriva al quadro clinico denominato “cachessia cardiaca”.
Ora che abbiamo esaminato questa deleteria successione di eventi, dobbiamo fare un passo indietro per renderci conto di quanto giochino in senso negativo nel loro determinismo proprio i meccanismi di compenso che pure nel breve periodo sono in grado di mascherare la situazione.
Già si è detto della ridistribuzione del flusso cardiaco, ma vi sono altri adattamenti altrettanto importanti che riguardano essenzialmente l’attivazione del sistema nervoso simpatico e del sistema cosiddetto renina-angiotensina-aldosterone. I meccanismi sono ovviamente diversi ma senza addentrarci in particolari possiamo dire che sono entrambi finalizzati a mantenere la portata cardiaca attraverso un incremento della frequenza e della vasocostrizione periferica, a migliorare la forza di contrazione del cuore attraverso la dilatazione e l’ipertrofia cardiaca, e a mantenere il volume circolante tramite la ritenzione idrosalina. Ne consegue inevitabilmente un maggior consumo energetico a livello cardiaco, con una pompa sempre più sollecitata a un lavoro al disopra delle proprie possibilità, il che in tempi più o meno rapidi conduce all’esaurimento funzionale, cioè allo scompenso conclamato. Con un parallelismo filogenetico à come se l’organismo umano, ancora relativamente giovane nella scala evolutiva, risentisse negativamente della persistenza nel lungo periodo di meccanismi adattativi senz’altro più idonei ai nostri antenati preistorici, che a fronte di un’aspettativa di vita nettamente più ridotta, necessitavano però di rapidi adattamenti dell’apparato cardiocircolatorio sul tipo di quelli esaminati per affrontare le continue situazioni di stress di cui era tappezzata la loro breve esistenza.
Fonte di consultazione: Cecil Trattato di Medicina Interna. Ed. Verducci
Italo Calvino: Lezioni Americane. Ed. Oscar Mondatori