L’Everest: una sfida ai limiti delle risorse umane

Non sono necessarie prestazioni fisiologiche di eccellenza, ma eccezionali capacitร  psicologiche, soprattutto per quanto concerne la capacitร  di motivarsi e di superare fatica, sofferenza, paura, compagne inseparabili della scalata.
Dr. Renato Rittatore

Che la quantitร  di ossigeno disponibile diminuisca man mano si sale di quota รจ una realtร  ormai acquisita da tutti (anche se capita ancora di leggere su qualche giornale che una certa squadra di calcio รจ andata “ad ossigenarsi” in montagna durante la preparazione precampionato!). Meno chiaro รจ il concetto che questo fatto non dipende da una variazione della percentuale dei gas presenti nelฤพaria (approssimativamente il 21% di ossigeno, il resto quasi tutto azoto), che rimane costante alle varie quote, ma dalla diminuzione esponenziale della pressione barometrica man mano ci si innalza dalla superficie del mare, come conseguenza della riduzione della forza di gravitazione terrestre.
Cosรฌ se a livello del mare la pressione parziale in ossigeno (pO2) risulta circa 160 mm Hg (pressione atmosferica 760 mm x 0,21), giร  intorno ai 5000 metri, in genere la quota ove vengono stabiliti i campi base delle spedizioni questa si riduce a poco piรน della metร  e unโ€™ulteriore riduzione si determina inevitabilmente nel passaggio attraverso le vie aeree prima che ฤพaria arrivi negli alveoli polmonari.

Sulla vetta delฤพEverest, sulla base dei rilevamenti effettuati nel corso della spedizione america del 1982, la pressione barometrica รจ risultata essere 253 mm Hg (per fortuna un pรฒ piรน alta di quella prevedibile dai grafici forniti dalฤพAviazione Civile, probabilmente per una maggior presenza di masse ฤaria legate a situazioni locali e stagionali), mentre la pO2 alveolare rilevata รจ stata di 37,6 mm Hg. Se si considera che giร  a pressioni parziali di O2 inferiori a 100 mm Hg il sangue non riesce piรน a saturarsi completamente di O2 e che questa dissociazione aumenta progressivamente con la riduzione della pO2 alveolare, si comprende facilmente come il valore riscontrato risulti al limite della prestazione umana. E questo senza nemmeno prendere in considerazione gli altri fattori avversi quali le bassissime temperature, la notevole riduzione delฤพumiditร  delฤพaria, ฤพesposizione piรน marcata ai raggi UV e cosmici a causa della riduzione delฤพatmosfera circostante.

Con queste premesse verrebbe istintivo pensare questi alpinisti di รฉlite come dei superman dotati di eccezionali capacitร  atletiche, sia dal punto di vista aerobico che anaerobico.In realtร  le prove di valutazione funzionale cui questi scalatori sono stati sottoposti dal gruppo di fisiologi facenti capo al Prof. Cerretelli, hanno dimostrato in questi soggetti medie capacitร  aerobiche, con soltanto una maggior saturazione in O2 del sangue arterioso, conseguente a una maggior risposta ventilatoria alฤพesercizio.

Senza ritornare su un argomento giร  trattato mi limito a ricordare che ฤพiperventilazione, insieme alฤพaumento delฤพematocrito conseguente da una parte allo stimolo eritropoietinico e alla mobilizzazione dei globuli rossi da organi di riserva quali fegato e milza e dalฤพaltro alla riduzione della quota plasmatica per la disidratazione, rappresenta la principale risposta compensatoria delฤพorganismo alฤพipossia.

Non quindi prestazioni fisiologiche di eccellenza, ma eccezionali capacitร  psicologiche, soprattutto per quanto concerne la capacitร  di motivarsi e di superare fatica, sofferenza, paura, compagne inseparabili della scalata.
In particolare Messner ha avuto in seguito unโ€™altra intuizione, quella di adottare per le sue successive ascensioni Hymalaiane, le piรน eclatanti delle quali furono le solitarie sul Nanga Parbat nel 1978 e sullo stesso Everest nel 1980, la tecnica delฤพarrampicata rapida in stile alpino, cioรจ in tempi brevi, portando con sรฉ il materiale strettamente indispensabile e partendo da quote relativamente piรน basse quali quelle dei campi base.

Si trattava di una strategia a quei tempi del tutto innovativa rispetto a quella tradizionale, che comportava una lenta progressione a quote mano a mano piรน elevate, con inevitabile allungamento dei tempi di permanenza in ipossia. I fisiologi avvalorarono in seguito ฤพintuizione dello scalatore altoatesino, che grazie proprio ai tempi minimi di permanenza alle quote piรน elevate, riduceva significativamente la disidratazione, e quindi ฤพeccessiva viscositร  del sangue provocata dalฤพemoconcentrazione, e il deterioramentoa livello del sistema nervoso centrale e periferico, con riduzione della massa muscolare e del patrimonio enzimatico.

Detto cosรฌ puรฒ sembrare semplice come ฤพuovo di Colombo, ma quanti esseri umani sanno trovare le motivazioni e il coraggio di intraprendere avventure di questo genere sapendo di poter contare solo sulle proprie forze e che qualsiasi evento avverso potrebbe essere loro fatale?

Bibliografia: P. Cerretelliโ€“P.E. di Prampero, Sport, ambiente e limite umano, Est Mondadori

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Dr.
Renato Rittatore
CIDIMU Torino
Specializzazione in Medicina Interna
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