26 APRILE 2024
Pubblicato da GRUPPO CIDIMU

Dr. Antonio Vercelli

L’osteoporosi è più frequente nel sesso femminile ed è asintomatica fin tanto che non determina una frattura ossea.
L’osso è un organo costituito da una matrice organica e da una massa inorganica. La matrice organica per il 99% è costituita da fibre collagene di tipo I, disposte in fibre parallele tra loro, caratteristica questa che garantisce una notevole elasticità; per il resto è formata da proteoglicani e glicoproteine. La durezza e la consistenza tipica dell’osso è dovuta alla massa inorganica , costituita essenzialmente da cristalli di idrossiapatite disposti lungo le fibre collagene. Alla formazione del tessuto osseo concorrono cellule diverse: gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti.
Gli osteoblasti sono delle cellule piuttosto grandi , ricche di fosfatasi alcalina: il loro compito è di secernere la matrice organica dell’osso. Una volta espletata tale funzione gli osteoblasti, inglobati nella matrice ossea, si trasformano in osteociti, si riducono progressivamente di volume e perdono la capacità di sintetizzare la matrice, ma intervengono comunque nella regolazione del rimodellamento osseo, svolgono quindi un importante ruolo nel mantenimento della matrice dell’osso.
Gli osteoclasti hanno dimensioni maggiori rispetto agli osteoblasti ed hanno il compito di rimuovere la matrice ossea.
È intuitivo che osteoblasti, osteociti e osteoclasti, con funzioni diverse, concorrono a raggiungere un equilibrio dinamico ed un continuo rimodellamento dell’ osso che perdura per tutta la vita ed il tessuto osseo non ha soltanto una funzione di tipo meccanico, ma svolge un ruolo importante nel regolare la concentrazione ematica di calcio e fosforo, anche a costo di depauperare le riserve di tali ioni a livello del tessuto osseo stesso.

Un ruolo importante nel processo di rimodellamento osseo è svolto da due ormoni: la calcitonina prodotta dalle cellule C della tiroide è responsabile della riduzione della calcemia, mentre il paratormone, agendo sugli osteoblasti, ha un importante effetto anabolico nella formazione della matrice ossea.
Ne consegue che qualunque modificazione dei fattori su citati può determinare delle conseguenze negative sul rimodellamento osseo e la conseguenza più frequente è certamente rappresentata dall’osteoporosi.

CLASSIFICAZIONE
Si è soliti distinguere tra osteoporosi primitive e osteoporosi secondarie; le osteoporosi primitive sono quella post-menopausale e quella senile. Le osteoporosi secondarie sono la conseguenza di altri disordini patologici. Numerosissime sono le condizioni in grado di provocare una osteoporosi: quelle endocrinologiche ( distiroidismi, iperparatiroidismo, ipercorticosurrenalismo, ecc.), malattie reumatiche, malattie renali, malattie ematologiche, malattie gastrointestinale (epatopatie croniche, celiachia e malassorbimenti, gastropatie, ecc.), malattie respiratorie (BPCO), fumo, anoressia, abuso di alcool, uso di farmaci ( immunosoppressori, i farmaci ormonali inibitori dell’aromatasi impiegati nel carcinoma della mammella, il cortisone, ecc.).

EPIDEMIOLOGIA
L’osteoporosi rappresenta un evidente problema di tipo sanitario; si stima che ne siano colpite, nel mondo, duecento milioni di persone e la prevalenza è nettamente maggiore nelle donne in post-menopausa. Con l’aumentare della vita media è parallelamente aumentato il rischio di sviluppare una osteoporosi. Inoltre l’impiego della densitometria su larga scala ha permesso di riconoscere il problema in misura molto maggiore, rispetto al tempo in cui la diagnosi veniva posta solamente in conseguenza di una frattura senza traumi evidenti o da minimi traumi.
In Italia il 23% delle donne oltre i 40 anni ed il 14% degli uomini oltre i 60 anni è affetto da osteoporosi, ma l’aumento del rischio di fratture è ancora più preoccupante, interessando il 55% delle donne oltre i 50 anni, il 30% oltre i 60 anni, il 45% oltre i 70 anni e il 15% degli uomini dopo i 65 anni.

FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio più importanti sono rappresentati dalla familiarità, dall’età avanzata, dal sesso femminile, dalla menopausa precoce, dalla costituzione minuta, da un ridotto apporto di calcio, da una carenza di Vit. D (scarsa esposizione alla luce del sole), dalla scarsa attività fisica, da cattive abitudini voluttuarie (fumo, alcool), uso di determinati farmaci.
Su alcuni di questi fattori di rischio nulla si può fare, mentre su altri si può intervenire modificando abitudini di vita non corrette.

SINTOMATOLOGIA

L’osteoporosi è silente sul piano sintomatologico, almeno sino a quando non si verificano fratture, che rappresentano la complicazione più importante. Le fratture possono essere evidenziabili all’RX, ma possono essere anche fratture microscopiche, non evidenziabili quindi all’RX, ma responsabili comunque di dolori ossei, soprattutto a carico del rachide. Ovviamente ben diverso è il dolore conseguente ad esempio ad un cedimento vertebrale o a una frattura femorale.

PREVENZIONE
La prevenzione dell’osteoporosi deve iniziare dall’adolescenza, con stili di vita corretti, quindi con un buon apporto di calcio con la dieta e con un’attività fisica regolare. Certamente il ruolo dell’alimentazione è fondamentale e consiste essenzialmente in adeguato apporto di calcio e di Vitamina D, apporto che deve derivare da una dieta equilibrata, nella quale certo non possono mancare il latte ed i suo derivati, non dimenticando una adeguata idratazione con acque minerali ricche di calcio. L’apporto di calcio giornaliero raccomandato varia in relazione all’età: nell’infanzia si aggira intorno agli 800 mg/die, che salgono a 1000-1200 mg/die nell’adolescenza, mentre per una donna in post-menopausa il fabbisogno è intorno ai 1500 mg/die. Discorso analogo può essere fatto a proposito della Vitamina D: è abitudine consolidata dei pediatri consigliare l’assunzione di vitamina D nei neonati e in età infantile. Il fabbisogno di vitamina D tra i 50 ed i 70 anni è di circa 400UI/die, per arrivare a 600 UI/die oltre i 70 anni.

Al fine di ridurre il riassorbimento osseo un ruolo cardinale è rappresentato dallo svolgere sistematicamente un attività fisica regolare, evitando al contempo abitudini voluttuarie quali il fumo e l’abuso di alcol.

Un obiettivo correlato, soprattutto in relazione a pazienti in età avanzata o comunque affetti da osteoporosi, è la prevenzione delle fratture cercando di prevenire le cadute accidentali.
Le cadute accidentali sono legate in parte a dei fattori fisio-patologici quali la perdita di agilità, l’artrosi, la riduzione della vista, le sindromi vertiginose, le aritmi cardiache, ecc., ma sono anche legate a fattori ambientali, quali ostacoli, tappeti, superfici scivolose o sconnesse. E’ quindi utile ricordare questi aspetti ed educare i pazienti ed i care givers.

DIAGNOSI
La fragilità dell’osso viene individuata mediante l’indagine densitometrica. Solo una donna su due affetta da osteoporosi sa di esserlo essendo la perdita ossea assolutamente asintomatica. L’inquadramento corretto in caso di osteoporosi o di sospetta osteoporosi non può prescindere da una anamnesi accurata che miri ad indagare i fattori di rischio. Bisognerebbe poi richiedere alcuni semplici esami ematochimici allo scopo di escludere le forme di osteoporosi secondaria.

Il gold standard nella diagnosi dell’osteoporosi è rappresentato dalla densitometria ossea con tecnica DEXA (Dual Energy X- ray Absorptiometry). Prima dei 65 anni è indicata la valutazione densitometrica a livello della colonna vertebrale lombare (L1-L2-L3-L4), dopo i 65 anni è indicata l’indagine a livello del collo femorale. Mediante la densitometria si misura la densità minerale ossea (BMD) espressa in grammi per centimetro cubo. Il risultato dell’esame densitometrico si esprime nel T-score e nello Z-score. Il T-score indica la deviazione della densità minerale del soggetto in esame rispetto all’ipotetico patrimonio calcico che si ha all’età di 30 anni. Lo Z-score esprime una valutazione della densità minerale nei confronti di soggetti di pari età.
Secondo i criteri espressi dall’OMS si considerano normali i valori di T-score sino a -1; si parla di osteopenia per valori di T-score compresi tra -1 e -2.5 e si parla di osteoporosi per valori inferiori a -2.5.

TERAPIA
Sono disponibili diversi farmaci che, nell’arco degli anni, hanno dimostrato una indubbia validità nel contrastare la progressione dell’osteoporosi, ma soprattutto hanno dimostrato la possibilità di ridurre il rischio di frattura. Nell’impostazione di una corretta terapia non ci si deve però basare solo ed esclusivamente sul risultato della densitometria (errore di comune riscontro nella quotidianità), ma il medico che imposta il trattamento deve necessariamente tenere conto di tutti i fattori di rischio clinici, delle abitudini alimentari e delle abitudini di vita di quel paziente, della familiarità. Inoltre negli ultimi anni sono stati introdotti, per le donne in menopausa, degli appositi algoritmi che consentono di prevedere il rischio di frattura a 10 anni. Tenendo conto di tutti questi fattori ed utilizzando questi strumenti di calcolo la terapia potrà essere mirata, non dimenticando mai i possibili effetti collaterali ed i rischi connessi con l’uso non corretto di certi farmaci.