9 MARZO 2024
Pubblicato da GRUPPO CIDIMU

Gruppo di studio di Psicologia dell’Età Evolutiva.
Dr. Stefania Motta

Oggetto di studio della psicologia delľetà evolutiva è ľessere umano in via di sviluppo, dal neonato al giovane adulto, passando attraverso le diverse fasi delľinfanzia e delľadolescenza. Le attuali prospettive della psicologia delľetà evolutiva prendono origine dalla teoria psicoanalitica di S. Freud, che per primo individuò tre fasi successive dello sviluppo intrapsichico del bambino, la fase orale, anale e fallica, per giungere alla maturazione caratterizzata dalla fase genitale; queste fasi sono legate alle zone del corpo in cui si concentra la libido, la pulsione che suscita desideri di soddisfazione sessuale (successivamente Freud introdurrà anche il concetto di pulsione aggressiva, legata alľistinto di morte, per comprendere i comportamenti di tipo distruttivo). Il corretto superamento delle tre fasi garantisce, secondo Freud, un adeguato sviluppo personale e sociale delľindividuo, mentre la presenza di un conflitto irrisolto tra le diverse istanze psichiche può condurre ad un arresto dello sviluppo pulsionale (fissazione) ad uno dei tre stadi evolutivi o, addirittura, ad una regressione ad uno degli stadi precedenti. In entrambi i casi, le modalità comportamentali del soggetto presenteranno caratteristiche tipiche dello stadio evolutivo raggiunto e si manterranno parziali ed immature. Centrale nel pensiero freudiano risulta quindi il concetto di conflitto, inteso come contrapposizione tra i desideri pulsionali inconsci, contenuti nelľEs, ľintroiezione delle norme e dei valori familiari e sociali, contenuti nel Super-io ed il tentativo di mediare tra queste istanze e la realtà esterna, compito delľIo. La psicopatologia origina dunque, secondo Freud, dalla mancata o inadeguata risoluzione dei conflitti che via via si pongono alľindividuo nel corso del suo sviluppo.

I contributi successivi al pensiero freudiano vedono come centrale la figura di M. Klein, allieva di Freud che, attraverso ľosservazione diretta ed il lavoro psicoanalitico con i bambini (suo il merito di avere scoperto il ruolo fondamentale del gioco quale via di accesso per la comprensione delľinconscio del bambino), elabora una teoria fondata essenzialmente sulla fantasia intrapsichica inconscia, anticipando al primo anno di vita le tappe evolutive classiche previste da Freud. In particolare, la Klein individua due "posizioni" evolutive del lattante, la fase schizoparanoide, caratterizzata dalľalternanza di una condizione assoluta di "buono" o di "cattivo" nel bambino e nel suo oggetto ďamore, la madre, e la fase depressiva, successiva alla prima, nella quale il bambino si rende conto che la madre "buona" e "cattiva" sono in realtà la stessa persona, caratterizzata, così come lui stesso, da entrambe le valenze. Centrale nel contributo della Klein risulta quindi il ruolo della madre, quale primario oggetto ďamore e referente principale del bambino, nonché figura fondamentale per garantirne un adeguato sviluppo.

Gli sviluppi successivi del pensiero psicoanalitico vedono un’ulteriore accentuazione delľimportanza della figura materna quale caregiver del bambino, mettendo in risalto il contributo fondamentale di un ambiente adeguato per una crescita armonica delľindividuo; ľenfasi tende quindi a spostarsi dal conflitto intrapsichico alla relazione, più o meno adeguata, con ľoggetto ďamore, segnando la base per il successivo sviluppo della teoria delle relazioni oggettuali.

In particolare, D. Winnicott elabora il concetto di madre sufficientemente buona per indicare i requisiti ambientali di base necessari al lattante per crescere normalmente. M. Balint individua e descrive il sentimento di profonda "carenza" (difetto fondamentale), riscontrato in molti suoi pazienti, legato al fallimento della madre nel rispondere ai bisogni primari del bambino. W. Bion definisce la funzione materna quale funzione alfa di accoglimento, decodificazione e restituzione al bambino dei suoi stati ďanimo, in modo da renderli a lui stesso comprensibili e gestibili.

Contemporaneamente, questi analisti evidenziano nel bambino una tendenza innata, crescendo, verso la realizzazione di sè: in particolare, Winnicott individua il corretto sviluppo nella piena manifestazione del vero Sè, la cui crescita può essere favorita o osteggiata dalľatteggiamento della madre e delle altre figure di accadimento che, in caso di fallimento nel riconoscere i reali bisogni del bambino, possono contribuire allo sviluppo di un falso Sè, costretto ad adattarsi ad un ambiente inidoneo.

I contributi successivi della psicologia delľetà evolutiva nascono principalmente dagli studi sulľosservazione diretta di coppie madre-bambino, sia normali che patologiche (attraverso lo strumento fondamentale delľinfant observation e della child observation) evidenziando diverse fasi di sviluppo nella crescita del bambino. In particolare, M. Mahler individua una prima fase autistica (fino a 2 mesi di vita), seguita da una fase di simbiosi con la madre (da 2 a 6 mesi di vita), per giungere alla terza fase, di separazione-individuazione, che si protrae fino al terzo anno di vita e che consente il raggiungimento del senso delľindividualità e della costanza delľoggetto (la presenza interna della madre che sostiene e consola anche durante la sua assenza). Studi ulteriori sui bambini nei primi giorni di vita, in particolare il contributo di D. Stern, sembrano tuttavia evidenziare ľassenza di una fase di ripiegamento autistico nel neonato che, anzi sembra essere consapevole della presenza e delle modalità relazionali del caregiver fin dal primo giorno di vita. In particolare, Stern individua cinque separati sensi di Sè (Sè emergente, Sè nucleare, Sè oggettivo, Sè verbale e Sè narrativo) che emergono successivamente nel corso dello sviluppo (dalla nascita ai 5 anni circa) attraverso la corretta interazione tra il bambino ed il caregiver, in un sistema di comunicazione diadico che produce ľinteriorizzazione del Sè-in-relazione-alľoggetto.

L’evoluzione del bambino sembra definirsi, quindi, quale risultato di una sensibile armonia affettiva con la madre, o con chi si prende cura di lui.