Polmone e Artrite Reumatoide

L'artrite reumatoide  è una malattia reumatica infiammatoria cronica, potenzialmente invalidante per il carattere aggressivo e distruttivo  associato a questo tipo di  infiammazione sinoviale. Ma è anche una malattia sistemica capace di coinvolgere differenti distretti extra-articolari:  tra questi,  l'apparato respiratorio.

L'artrite reumatoide  è una malattia delle  articolazioni che  provoca dolore  e rigidità  e, talvolta, deformità delle articolazioni periferiche. Si ritiene che nelle persone geneticamente predisposte sia  un fattore esterno (si ipotizza infettivo) ad attivare i complessi meccanismi cellulari e umorali che sostengono la malattia infiammatoria. L'infiammazione reumatoide mostra aspetti particolari. Tra i tanti, quello che meglio caratterizza l'infiammazione reumatoide  è la crescita  (“iperplasia”) della membrana sinoviale e la conseguente formazione del panno sinoviale. Alla formazione del panno sinoviale e delle altre numerose alterazioni concorrono cellule (macrofagi, linfociti T e B, endotelio, sinoviociti), molecole infiammatorie (tumor necrosis factor, interleuchina 1, interleuchina 6,  e altre citochine) e molecole immunitarie (fattore reumatoide e altre).
Le problematiche  a carico dell'apparato locomotore sono molteplici e complesse. E sono in continuo aggiornamento in virtù degli studi avviati negli ultimi decenni, che hanno chiarito molti meccanismi auto-immunitari coinvolti nella malattia.  Ciò ha consentito vistosi progressi della terapia farmacologica e notevoli miglioramenti della prognosi funzionale nei portatori di artrite reumatoide.
Le sopracitate citochine (unitamente ad altri elementi della risposta immunitaria) sono divenute l'obiettivo delle nuove  strategie terapeutiche, che hanno lo scopo di limitare l'azione e quindi bloccare l'attività lesiva di queste molecole pro-infiammatorie. Il risultato è stato raggiunto attraverso l'impiego di recettori solubili o di anticorpi monoclonali specifici per singoli “protagonisti” della infiammazione. Molte fra queste sostanze inibitrici (e quindi con azione immuno-soppressiva) sono divenute farmaci. Quelli entrati in commercio negli ultimi anni sono noti come  “biologici” o “biotecnologici”.
Oltre al costante impegno delle articolazioni, l'artrite reumatoide è gravata da una notevole frequenza di complicanze reumatiche extra-articolari (tendini, guaine tendinee, borse, ossa) e sistemiche. Le localizzazioni extra-articolari sembrano più frequenti nelle persone di sesso maschile. Quelle sistemiche sembrano più  probabili  qualora il fattore reumatoide sia presente ad alto titolo nel siero di un determinato paziente. Nell'ambito delle complicanze sistemiche, quella pleuro-polmonare è tra le più frequenti.
Una localizzazione respiratoria della malattia  è la pleurite. L'infiammazione della pleura  può essere in qualche modo spiegata con la somiglianza embriologica della pleura (ma anche del pericardio) con la membrana sinoviale,  una struttura della capsula articolare dove nasce primariamente la malattia reumatoide. Talvolta si parte da un versamento pleurico  e si arriva alla diagnosi di artrite reumatoide.
Nel polmone dei soggetti positivi per il fattore reumatoide nel sangue  è aumentata la quantità di immuno-complessi  che si può misurare nel liquido del lavaggio broncoalvolare (BAL). Gli immunocomplessi nell'interstizio polmonare provocano una interstiziopatia polmonare attraverso l'infiammazione e la sintesi di fattori di crescita per i fibroblasti e per i granulociti.  Nelle fasi iniziali, ancora asintomatiche sul piano clinico respiratorio, la prima alterazione funzionale si riflette sulla diffusione alveolo-capillare e può essere svelata con l'esame spirometrico globale,  comprensivo di DLCO.  Se questo esame, unitamente alla radiografia standard del torace, conferma il sospetto di interstiziopatia,  diventa opportuno valutare o escludere il grado di  fibrosi polmonare che può essersi instaurato nel singolo paziente.  Ciò si ottiene con la tomografia computerizzata del torace (TAC ad alta risoluzione).
In generale, in un paziente che mostri segni di fibrosi polmonare sono già presenti i sintomi o i segni  a carico delle articolazioni.  Ma occasionalmente  il percorso diagnostico può risultare invertito e, partendo da rilievi clinici o strumentali a carico del polmone, si procede con indagini reumatologiche. In questi casi può accadere che la sintomatologia articolare di tipo reumatoide sia ancora sfumata ma siano già presenti nel siero i markers di autoimmunità (fattore reumatoide e altri più specifici).
Il disturbo respiratorio principale avvertito dal paziente è la dispnea da sforzo, a insorgenza graduale, talora associata a tosse  e dolore di tipo pleuritico. Per definire la dispnea  si utilizza (dopo l'esame clinico)  la spirometria, che conferma e misura il grado di  deficit  ventilatorio  restrittivo e valuta la riduzione della diffusione alveolo-capillare.  Col tempo, la dispnea potrebbe divenire più intensa  qualora si instauri ipertensione polmonare, che si potrà stimare attraverso l'esame ecocardiografico.
La fibrosi polmonare, in questo caso secondaria  alla artrite reumatoide, mostra aspetti radiologici e istologici simili alla fibrosi polmonare primitiva o idiopatica. Il decorso clinico è variabile,  in generale meno rapido in confronto alla fibrosi primitiva,  tuttavia può  condurre alla insufficienza respiratoria.
In questa breve comunicazione, solo esemplificativa e pertanto incompleta, merita di essere citata un'altra possibile fonte  di  sintomatologia respiratoria associata all'artrite reumatoide: i farmaci, con  meccanismi peraltro ipotizzabili ma  non facilmente  confermabili  nella singola persona.  Con frequenza variabile, e verosimilmente solo in soggetti predisposti,   alcuni  farmaci  -peraltro di sicura efficacia e fondamentali  per la cura dell'artrite reumatoide- possono sporadicamente  essere alla base di complicanze polmonari.
 

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